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Conversazione con l’imprenditore Adriano Berengo a Murano: un’affascinante avventura nell’arte del vetro a Murano fa passato e futuro


Pubblicato su art a part of cult(ure) il 18 luglio 2009
Intervista di Raffaella Losapio
Approfondimento riguardante l’eccellenza imprenditoriale italiana impegnata nella valorizzazione del nostro patrimonio culturale.

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Raffaella Losapio: Vorrei capire com’è nata l’idea di aprire questi grandi spazi per la lavorazione e l’esposizione dell’arte del vetro e di creare sull’isola di Murano il primo museo di arte contemporanea nel mondo in questa particolare disciplina artistica.
Adriano Berengo: E’ nata dal desiderio di mettere un punto fisso su 20 anni di attività in questo studio a Murano. Dal 1989 ho lavorato per liberare il vetro dal ghetto commerciale nel quale era rinchiuso e dalla tradizione retriva che lo relegava esclusivamente a materia per prestigiosi oggetti d’uso.
Il vetro finalmente non può più essere un materiale sottovalutato; proprio in questi giorni ho presentato un progetto a Palazzo Strozzi di Firenze ed ora stiamo creando un nuovo Museo in un’adiacente area di archeologia industriale. A metà del XX secolo, Egidio Costantini, un grande signore, dotato di una grande tecnica, aveva già iniziato questa coraggiosa impresa, invitando i Maestri dell’arte moderna a lavorare sull’isola di Murano e coinvolgendo nel suo progetto la poliedrica collezionista e mecenate Peggy Guggenheim.
L’idea è di continuare a sollecitare artisti moderni e contemporanei per offrire loro ulteriori possibilità di espressione attraverso una materia viva come il vetro che possiede una sua dimensione, proprio come il bronzo, il marmo, ecc..
Più che mettere l’accento sul materiale, vorrei evidenziare l’utilizzo estetico e creativo che l’artista mette in atto quando si avvicina ad uno studio come questo.

R.L.: Puoi illustrare la tecnica di lavorazione del vetro in rapporto con la creazione di opere d’arte contemporanea?
A.B.: Oggi si lavora il vetro come si lavorava nel passato, praticamente usando i vecchi strumenti; l’unica vera variante rispetto al passato riguarda le modalità di alimentazione del forno. Una volta c’era il carbone e la legna, ora c’è il gas metano. Di fatto l’unità minima della fornace è equivalente all’antica bottega rinascimentale, dove l’artista importante entrava, addestrava gli allievi, interveniva …

R.L.: Allora il tuo compito è anche quello di coordinare il lavoro dei Maestri vetrai?
A.B.: Mi comporto come un manager creativo; da un lato sostengo i costi (solo il gas costa 20.000 euro al mese), dall’altro organizzo il lavoro, prendo i contatti per allestire mostre, per pubblicizzare gli eventi, per l’esposizione delle opere nei miei spazi che si preparano a trasformarsi in un vero museo di arte contemporanea del vetro.

R.L.: Come avviene il primo contatto con gli artisti che desiderano realizzare le loro opere?
A.B.: L’artista viene con i suoi disegni: schizzi, idee, talvolta dei sogni impossibili. Con il Maestro vetraio, dopo aver osservato i disegni preparatori con i quali con l’artista intende realizzare queste opere, si valuta l’adattabilità del progetto al materiale; studiamo la fattibilità del lavoro e procediamo in diretta correlazione fra il disegno e l’opera. Se funziona si vede subito, se non funziona si procede per prove, errori, rettifiche, per prototipi. Normalmente, ho due piazze per realizzare i lavori: una piazza è l’unità minima di lavoro, dove agiscono 4 persone in perfetta sincronia.

R.L.: Quindi, a giudicare dalla grande quantità di opere qui presenti, dall’altissimo livello estetico, e dal prestigio degli artisti internazionali, produci ed esporti opere d’arte in tutto il mondo?
A.B.: La piazza funziona come un balletto armonico, questo studio lavora da 20 anni solo con l’arte. Ho creato molta forza di emulazione, e stimolato molti artisti a realizzare opere: questo è l’aspetto positivo del mio lavoro. Sto cercando di scuotere quest’isola, che è in una grande e profonda crisi, tramite questo lavoro, per creare un ponte tra l’artigianato d’eccellenza e l’arte contemporanea.

R.L.: Per assemblare il vetro ci vuole un’abilità straordinaria e per il trasporto come fate?
A.B.
: Non c’è solo il problema del trasporto. Gli inconvenienti possono essere anche di altro tipo. Ad esempio, le opere si possono rompere. Abbiamo un materiale di scarto del 20%, cioè su 10 sculture, due ne vanno irrimediabilmente rotte. L’imballo è molto accurato, di conseguenza nel confezionamento delle opere lo scarto è inferiore; il vetro però è imballato sotto schiuma con costi spaventosi. Ma questo fa parte del gioco.
Attualmente sto collaborando con l’artista spagnola Juan Ripollés per realizzare un’esposizione all’IMAV, l’Istituto Valenciano di Arte Moderna a Valencia.

Qui c’è la sala dei totem. I totem sono di Hilde Schwab. La Fondazione Schwab (Schwab Foundation for Social Entrepreneurship) è stata fondata nel 1998 da Klaus Schwab (Fondatore e Presidente Esecutivo del World Economic Forum che organizza tra l’altro il prestigioso summit annuale a Davos) e sua moglie Hilde con lo scopo di promuovere l’innovazione sociale. La Fondazione Schwab e il World Economic Forum lavorano insieme. Ogni anno promuovono grandi incontri internazionali e recentemente, in questo contesto, la Berengo Studio ha presentato una mostra d’arte contemporanea con tutti questi totem. Ne avevamo 30; alcuni sono stati venduti, altri sono nuovi. E’ un lavoro continuo.

R.L.: Ora la Berengo studio rappresenta una delle esperienze più innovative di utilizzo del vetro per esprimere le istanze artistiche della contemporaneità. Hai accennato prima che questa attività è nata 20 anni fa. Vorrei sapere un po’ più dettagliatamente il tuo percorso. Sei nato a Venezia?
A.B.: Si, sono veneziano, ho studiato in America, dove mi sono laureato in Letteratura; in seguito, per vari motivi, mi sono trovato a lavorare a Murano, in un ambito che non era il mio. Allora ho cercato di intuire che cosa si potesse fare di unico e di raro anche nel campo della lavorazione del vetro.
Proseguendo l’esempio di Egidio Costantini degli anni 50, inizialmente mi sono reso conto che dovevo dare un maggior spessore culturale in questo ambito; dopo sono andato avanti con l’ambizione, la capacità e la voglia di fare.

R.L.: Bene, hai dato continuità al passato, proprio come hanno scritto nella ‘Dialettica dell’Illuminismo’ Horkheimer e Adorno, “non si tratta di conservare il passato, ma di realizzare le sue speranze”.
E’ molto visitato dal pubblico il museo Vetrario di Murano?

A.B.: Il museo del Vetro di Murano è il secondo museo più frequentato nella Laguna, dopo quello di Venezia. Recentemente ho acquisito un bellissimo spazio di archeologia industriale che sto adattando e che diventerà probabilmente il primo museo di arte contemporanea del vetro nel mondo. Questo non prima di aver realizzato un ottimo impianto di illuminazione perchè la luce è importantissima per valorizzare la trasparenza del vetro.

R.L.: Infatti l’energia della luce, rischiara ogni oggetto della vita, ogni opera d’arte, le nostre coscienze e il mondo intero. E forse gli artisti si sentono particolarmente attratti dalla trasparenza e dalla delicatezza del vetro perchè questo materiale ci ricorda da un lato la forza del nostro spirito e dall’altro la fragilità della natura umana.
A.B.
: Ora passiamo ad un’altra sala dove possiamo vedere alcune installazioni di Marc Fred e di Fred Wilson, un grande artista americano che rappresentò gli Stati Uniti d’America alla 50. Biennale di Venezia del 2003. In questa occasione creò il grande lampadario nero che ha ispirato, tra gli altri, Dolce & Gabbana.
Per esempio Lucio Fontana ha creato diversi interventi con il vetro e il metallo; una è quella che stiamo apprezzando in questo momento ed un’altra è esposta alla mostra GLASS STRESS a Palazzo Franchetti a Venezia nell’evento collaterale della 53 Biennale. Proseguendo nel percorso possiamo ammirare opere di César, Arman, Fontana, Kokoschka, Penone

R.L.: Hai iniziato a collezionare opere di grandi artisti prima di cominciare questa grande avventura nell’arte contemporanea o dopo?
A.B.: Ho iniziato da zero e nel corso del lavoro ho acquisito le opere dei più grandi artisti internazionali. Ora ti porto nello spazio di archeologia industriale che ti ho precedentemente accennato.

R.L.: A questo punto non c’è più bisogno di parlare, si rimane incantati a contemplare questo spazio industriale, un vecchio laboratorio storico della lavorazione del vetro e le stupende opere in esso inserite.
A.B.: In una sala si può vedere una fornace del vetro di inizio Novecento.
Riscaldando le polveri di vetro per 12 ore alla temperatura di 1.200 gradi, quella sabbia si fonde e diventa liquida pronta per essere lavorata da abilissimi Maestri vetrai.

Ci sono opere di Jan Fabre, e di un artista belga, Koen Vanmechelen, che è impegnato a fare degli incroci con le galline vere. Il suo lavoro è tra quelli in mostra alla Scuola Grande Confraternita di San Teodoro, nella citata GLASS STRESS, evento collaterale in questa 53ima Biennale di Venezia, che accoglie la sua grande installazione Unicorno. E’ parte del progetto The Cosmopolitan Chicken, che tocca molte tematiche sociali contemporanee come la manipolazione genetica, clonazione, globalizzazione, multirazzialità, società multiculturale, oltre a influenzare il dibattito su queste tematiche da un punto di vista artistico ed umanitario.
L’artista è stato invitato alla prossima Biennale di Mosca dal 24 settembre al 25 ottobre 2009.
Tra l’altro, tra gli eventi più importanti, nel 1997 ho rappresentato la Lettonia alla Biennale d’Arte di Venezia, segnando l’esordio dell’arte baltica contemporanea in laguna.

R.L.: Mi sembra di capire che il tuo impegno culturale riguardi anche aspetti sociologici.
A.B.: Certamente, infatti ho realizzato una mostra lavorando con persone affette da disagi psichici ed esponendo la loro produzione. Sociologico è stato anche aver sostenuto e collaborato all’iniziativa di Philippe Daverio nella cosiddetta Anti-Biennale. Infatti, nel 2007 ho proposto questa iniziativa con Daverio; l’abbiamo titolata Tredici diciassette: hanno partecipato, infatti, circa 1000 artisti con un’opera formato cartolina di cm 13 x 17.

R.L.: Altre messe in opera di tale impegno?
A.B.
: In occasione dell’evento benefico 2008 Bear Tie Crystal Ball, organizzato dalla Bear Necessities-Pediatric Cancer Foundation, per raccogliere fondi a favore dei bambini malati di tumore, la Berengo Studio è stata coinvolta dagli organizzatori per la realizzazione di un’opera in vetro da mettere all’asta.
Inoltre, in questi giorni, ho promosso e realizzato la performance di grande impegno civile di Xing Xin. L’artista cinese è rinchiuso per 49 giorni in una BLACK BOX, una scatola nera metallica (cm. 200 x 90 x 90), collocata su un barcone ormeggiato a Murano al n. 111 della Fondamenta Vetrai, prospiciente la Berengo Studio.
Tutto questo per attirare l’attenzione verso la legge che per 30 anni ha impedito alle famiglie cinesi di generare più di un figlio.
E’ un progetto speciale legato a Glass Stress che, segnaliamo, è in programma fino al 22 novembre a Venezia, all’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti – Palazzo Cavalli Franchetti e alla Scuola Grande Confraternita di San Teodoro.

Altre opere da apprezzare in questo grande spazio espositivo: quelle dell’artista austriaca Kiki Kogelnik. Nel 1994 ha iniziano le sperimentazioni nell’uso del vetro di Murano e la realizzazione delle apprezzate Venitian Heads. Il direttore del museo Belvedere di Vienna, istituzione che rappresenta l’anima dell’arte austriaca, mi disse: “questa è la prima volta che, nell’arte austriaca, un materiale tradizionalmente non adatto all’arte perché troppo decorativo, troppo funzionale ha invece contribuito massicciamente alla popolarità di questa artista”. Kiki Kogelnik è morta nel 1997 a Vienna, dopo aver raggiunto una grande notorietà e importanti riconoscimenti dal mondo dell’arte. Le sue 30 Venitian Heads (Teste veneziane) sono state esposte al Museo Belvedere: mai il vetro è stato ricevuto ad un livello così alto.
Ora vediamo le opere di Marie Louise Ekman, che è stata la prima donna ad avere il ruolo di Direttrice dell’Accademia di Belle Arte di Stoccolma e che, da gennaio di quest’anno, è diventata Direttrice del Teatro drammatico  di Stoccolma, una posizione che prima apparteneva ad Ingmar Bergman. E’ una delle artiste più conosciute, nel panorama scandinavo.

Ho aiutato Shozo Shimamoto a preparare una mostra alla Galleria d’Arte Moderna di Cà Pesaro e lui tre anni fa è generosamente venuto qui con un gruppo di belle fanciulle a creare opere in vetro da lui ideate e firmate.
Vorrei anche ricordare il fatto che finora il Maestro Livio Tagliapietra, un santone del vetro contemporaneo nel mondo, è stato l’unico non americano ad aver avuto una mostra nel Smithsonian Institute di Washington con 180 pezzi.

La 53. Biennale d’arte di Venezia mi è sembrata il contesto giusto per mostrare un mondo altro, e, grazie all’idea di grandi artisti internazionali, per offrire al vetro la possibilità di rilevale il meglio di sé.
Mi auguro che questa progettualità si trasformi in una grande chance per l’arte contemporanea, per gli artisti, per il mondo del vetro e per l’isola di Murano.
R.L.: Adiacente ai tuoi spazi dello studio e del nuovo Museo Berengo di imminente inaugurazione, nella Chiesa di San Pietro Martire possiamo ammirare dipinti di Bellini, Tintoretto e nelle due pale d’altare del ’700 anche le bellissime, grandi tele del mio avo Bartolomeo Letterini (https://www.raffaellalosapio.com/2010/03/21/letterini-bartolomeo-1669-1748-pittore). Fu figlio d’arte attivo nella bottega del padre Agostino a San Canciano a Venezia, dove visse anche Tiziano e proprio dove arrivavano le gondole da Murano.
Sicuramente la realtà dello studio Berengo in questa “nuova vita del vetro” continuerà in futuro a convivere felicemente, come già fa, con la ricca storia del passato di quest’isola, della sua arte e di tutta la laguna Veneziana.





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